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Pertinenze di un'abitazione: cosa sono e perché sono importanti
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Pertinenze di un’abitazione: cosa sono e perché sono importanti

Quando si parla di immobili, spesso si sente il termine “pertinenza”, ma cosa significa esattamente? Le pertinenze di un’abitazione sono elementi accessori che ne migliorano l’utilizzo e che, in alcuni casi, possono anche influire su aspetti fiscali e normativi. Conoscere il loro ruolo è fondamentale sia per chi acquista casa sia per chi possiede già un immobile.

Quali beni possono essere considerate pertinenze?

Le pertinenze di un’abitazione sono beni immobili che, pur essendo autonomi, sono destinati in modo stabile al servizio dell’immobile principale, con il quale intrattengono una relazione di accessorietà. Questo significa che il loro utilizzo è funzionalmente legato alla casa, senza perdere però la propria individualità.

Alcuni esempi comuni di pertinenze sono:

  • box auto e garage, utili per il parcheggio dei veicoli;
  • cantine e soffitte, usate come deposito o magazzino;
  • giardini e cortili privati, che aumentano lo spazio esterno a disposizione;
  • tettoie e porticati, che ampliano gli ambienti abitabili;
  • rimesse e locali di deposito, spesso utilizzati per attrezzature e macchinari.

Le pertinenze sono presenti in tutte le abitazioni?

No, non tutte le case dispongono di pertinenze. La loro presenza dipende dalla tipologia di immobile e dalla sua ubicazione. Ad esempio, ville e case indipendenti hanno spesso più pertinenze rispetto agli appartamenti in condominio, dove lo spazio è più limitato. In città, la disponibilità di garage o giardini privati è spesso ridotta rispetto alle aree suburbane, dove le pertinenze sono più frequenti.

Anche all’interno dei condomini, alcuni spazi accessori possono essere considerati pertinenze, come cantine o posti auto, ma solo se risultano di proprietà esclusiva e destinati all’uso della casa principale.

Aspetti normativi delle pertinenze

Il Codice Civile, all’articolo 817, stabilisce che:

Sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un’altra cosa.
La destinazione può essere effettuata dal proprietario della cosa principale o da chi ha un diritto reale sulla medesima.

Questo significa che, in caso di vendita della casa, le pertinenze vengono automaticamente trasferite con essa, salvo diverso accordo tra le parti.

L’articolo 818 del Codice Civile stabilisce, inoltre, che le pertinenze seguono le sorti dell’immobile principale. Tuttavia, se una pertinenza viene utilizzata in modo indipendente dall’abitazione, potrebbe perdere questo status. Ad esempio, un garage affittato separatamente a terzi potrebbe non essere più considerato pertinenza.

Categorie catastali e agevolazioni fiscali

Dal punto di vista fiscale, le pertinenze possono beneficiare di agevolazioni se legate a un’abitazione principale. Tuttavia, la normativa prevede un limite massimo di una pertinenza per ciascuna delle seguenti categorie catastali:

  • C/2: cantine, soffitte e magazzini;
  • C/6: garage, autorimesse e posti auto;
  • C/7: tettorie chiuse o aperte.

Se si tratta di una prima casa, le pertinenze rientrano nell’esenzione IMU e possono godere di altre agevolazioni fiscali. Per le seconde case, invece, le pertinenze vengono tassate separatamente dall’immobile principale.

Permessi e regolamenti per la costruzione di pertinenze

In alcuni casi, la realizzazione o la modifica di una pertinenza richiede permessi specifici. Le opere minori, come piccole tettoie o ripostigli prefabbricati, possono rientrare nell’edilizia libera, a patto che rispettino le norme comunali. Per interventi più rilevanti, come la costruzione di un garage o l’ampliamento di un locale esistente, potrebbe essere necessaria una CILA (Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata) o una SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività). Se l’intervento modifica in modo significativo la struttura dell’edificio, potrebbe essere richiesto un Permesso di Costruire.

Conclusioni

Le pertinenze rappresentano un valore aggiunto per un’abitazione, sia dal punto di vista pratico che fiscale. Possono migliorare la vivibilità della casa e, in alcuni casi, contribuire a una riduzione delle imposte. Tuttavia, è importante conoscerne le regole per evitare errori in fase di acquisto, vendita o modifica dell’immobile.

Il mercato degli affitti in Italia: la situazione al Q3 2024
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Il mercato degli affitti in Italia: la situazione al Q3 2024

Il terzo trimestre del 2024 ha visto un significativo cambiamento nel mercato degli affitti in Italia, con un aumento del canone medio del 10% rispetto all’anno precedente.

Questo incremento è stato causato dalla crescente domanda di immobili, a fronte di un’offerta in continua diminuzione.

Aumento dei canoni di locazione

Nel corso del 2024, il prezzo degli affitti ha subito un’impennata significativa. Il canone medio, nel terzo trimestre 2024, è ora pari a 13,89 €/mq al mese, con il costo di un bilocale che si attesta a circa 842 euro al mese, rispetto ai 776 euro dello stesso periodo dell’anno precedente. Questa crescita è accompagnata da una maggiore velocità di assorbimento delle offerte sul mercato: un immobile in affitto rimane disponibile per meno di tre mesi prima di trovare un locatario.

Nonostante un lieve aumento dell’offerta rispetto al 2023, la situazione è molto diversa rispetto al periodo pre-pandemico. Da allora, la domanda di affitti è aumentata del 38%, mentre l’offerta si è dimezzata, registrando una perdita del 54% degli immobili disponibili. Questo squilibrio ha portato a un’intensificazione della competizione tra i potenziali affittuari e a un ulteriore rialzo dei canoni di locazione, che dal 2019 sono cresciuti del 42%.

KPI affitti Q3 2024

KPI affitti Q3 2024 Fonte: Immobiliare.it

Questi KPI forniscono una rappresentazione chiara e dettagliata dell’andamento del mercato degli affitti nel terzo trimestre del 2024, in relazione allo stesso periodo dell’anno precedente, consentendo di comprendere meglio le dinamiche tra domanda e offerta.

Accessibilità ridotta per single e coppie

Single e coppie sono coloro che hanno risentito maggiormente del continuo aumento dei prezzi degli affitti, riducendo sensibilmente il loro indice di accessibilità alla locazione di un immobile.

Vivere da soli sembra ormai essere diventato un privilegio. Mentre nel 2023 un single poteva permettersi il 19% degli immobili in affitto disponibili, nel 2024 questa percentuale è scesa al 14%. Tale diminuzione riflette un mercato sempre più oneroso per chi deve sostenere un affitto con una sola fonte di reddito, limitando le opzioni abitabili a pochi appartamenti con metrature minime o ubicati in aree periferiche, spesso lontane dai centri di lavoro e svago.

Anche le coppie hanno visto un calo dell’accessibilità, con la quota di immobili accessibili scesa dal 62% al 55% nello stesso periodo. Questa diminuzione evidenzia una pressione crescente anche per chi condivide le spese, lasciando meno margine di scelta rispetto al passato e riducendo spesso la qualità della vita abitativa.

Affitti vs mutui: una nuova tendenza

Un altro cambiamento importante riguarda il rapporto tra canone di affitto e rata del mutuo.

Rata del mutuo vs. canone mensile medio 2021 – Q3 2024

Confronto storico tra rata del mutuo e canone mensile medio Fonte: Immobiliare.it

L’aumento dei tassi di interessi sui mutui, a partire da metà 2022, ha portato ad un incremento economico delle rate dei mutui, che ha superato proporzionalmente la crescita dei canoni di affitto.

Con il recente calo dei tassi di interesse, invece, l’importo medio delle rate ha iniziato a diminuire, sebbene i prezzi degli immobili in vendita siano continuati a salire. Allo stesso tempo, i canoni mensili hanno mantenuto una crescita costante. Questi due andamenti contrapposti hanno fatto sì che, da inizio 2024, il canone medio ha sorpassato gli importi delle rate dei mutui.

Dinamiche regionali: differenze tra Nord, Centro e Sud

Analizzando le diverse aree geografiche, emergono forti differenze nei prezzi degli affitti.

Il Nord-Ovest, con 16,09 €/mq al mese, si conferma come la regione più costosa per gli affitti, mentre le Isole presentano i prezzi più bassi, con una media di 8,34 €/mq al mese. Tuttavia, la ridotta accessibilità agli affitti per i single si riscontra in modo simile in entrambe le aree, con solo il 17% del mercato accessibile.

Il Centro Italia è l’unica zona a registrare una diminuzione dell’offerta di affitti (-15%), ma questo calo non ha fermato la pressione della domanda, nonostante quest’ultima sia aumentata solo del +1% rispetto a settembre 2023.

Nelle regioni meridionali e insulari si è sviluppata una dinamica favorevole ai locatori, con tassi di conversione migliori, un aumento della pressione della domanda e una competizione tra affittuari più bassa rispetto al Nord.

Canone mensile medio – Q3 2024

Canone medio mensile al Q3 2024, differenziato per soluzioni con una, due o tre stanze Fonte: Immobiliare.it

Le grandi città: variazioni nei prezzi degli affitti

Nelle principali città italiane, l’andamento dei canoni di affitto mostra una crescita generalizzata, sebbene con alcune variazioni. Palermo (+15,5%), Napoli (+14,8%) e Venezia (+11,4%) hanno registrato gli aumenti più rilevanti, mentre Milano, pur continuando a essere tra le città più care, con un canone medio di 22,59 €/mq, ha registrato una stabilizzazione dei prezzi (+0,3%), seguita da Firenze con 20,70 €/mq.

Grandi città: canone mensile medio vs rata media mutuo

Differenza tra il canone mensile medio e la rata media del mutuo nelle grandi città Fonte: Immobiliare.it

Analizzando il divario tra il canone d’affitto e la rata del mutuo, emerge che il gap maggiore si riscontra a Verona, Milano e Venezia, dove raggiunge rispettivamente il 40%, 30% e 27%.

Conclusioni

Il mercato degli affitti in Italia nel 2024 si caratterizza per un aumento dei prezzi, una domanda in crescita e un’offerta sempre più limitata. Questo scenario rende la competizione tra gli affittuari particolarmente accesa, specialmente nelle grandi città e nelle aree più richieste. Resta da vedere se il trend si stabilizzerà nei prossimi mesi o se continuerà a favorire i locatori.

Cedolare secca: vantaggi e opportunità per proprietari di immobili
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Cedolare secca: vantaggi e opportunità per proprietari di immobili

La cedolare secca è un regime fiscale che offre una soluzione vantaggiosa per i proprietari di immobili destinati ad uso abitativo.

Introdotta come opzione facoltativa, si rivolge ai locatori che preferiscono un’alternativa semplificata al tradizionale sistema di tassazione sui redditi derivanti dall’affitto.

Cos’è la cedolare secca?

La cedolare secca è un’imposta sostitutiva che permette di semplificare gli oneri fiscali per i contratti di locazione.

Scegliendo questo regime, il proprietario paga un’imposta sostitutiva sull’IRPEF (Imposta sul reddito delle persone fisiche) e le addizionali dovute sui redditi derivanti dall’affitto. Inoltre, questo regime consente di evitare il pagamento dell’imposta di registro e dell’imposta di bollo per la registrazione, la risoluzione e la proroga dei contratti di locazione.

Gli immobili su cui è possibile utilizzare la cedolare secca devono essere locati ad uso abitativo e devono rientrare nelle categorie catastali comprese da A1 a A11 (ad esclusione dell’A10 – Uffici o studi privati):

  • A1 – Abitazione di tipo signorile;
  • A2 – Abitazione di tipo civile;
  • A3 – Abitazioni di tipo economico;
  • A4 – Abitazioni di tipo popolare;
  • A5 – Abitazioni di tipo ultrapopolare;
  • A6 – Abitazione di tipo rurale;
  • A7 – Abitazione in villini;
  • A8 – Abitazione in villa;
  • A9 – Castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici;
  • A11 – Abitazioni o alloggi tipici dei luoghi.

Come funziona?

L’imposta sostitutiva della cedolare secca si applica sul canone di locazione annuo. Nel dettaglio:

  • nei contratti di locazione ordinari, l’aliquota è del 21%;
  • nei contratti a canone concordato, ossia quelli che seguono accordi territoriali definiti tra comune e associazioni di categoria degli inquilini e dei proprietari, l’aliquota scende al 10%. In particolare, si fa riferimento a immobili situati in comuni con carenze di disponibilità abitative e in comuni ad alta tensione abitativa individuati dal Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile);
  • nei contratti di locazioni brevi, l’aliquota è pari al 21%, per una seconda abitazione l’aliquota sale al 26%. La cedolare secca si applica solo se si affittano al massimo quattro appartamenti all’anno; oltre questa soglia, l’attività è considerata imprenditoriale.

Un elemento importante da considerare è che, aderendo a questo regime, il locatore rinuncia a richiedere l’aggiornamento del canone, anche se previsto contrattualmente, compresa la rivalutazione basata sull’indice ISTAT.

A chi è rivolta?

La cedolare secca può essere scelta dai proprietari o titolari di un diritto reale di godimento (come l’usufrutto) che affittano immobili ad uso abitativo. Sia il locatore che il conduttore devono essere persone fisiche e non devono agire nell’esercizio di un’attività d’impresa o professionale.

Ma attenzione, forse qualcosa sta cambiando; alcune sentenze della cassazione, l’ultima del 7.05.2024 hanno stabilito che tale regime sia applicabile anche in caso di locazione (sempre abitativa) a società o impresa. È ancora presto, ed è sicuramente meglio attendere le determinazioni dell’AdE.

Durata

Attivando l’opzione della cedolare secca, essa resta valida per tutta la durata del contratto o della proroga.

Il locatore ha la possibilità di prorogarla o revocarla:

  • proroga: in questo caso l’opzione per la cedolare secca va confermata insieme alla comunicazione di proroga, entro 30 giorni dalla scadenza del contratto o della proroga precedente;
  • revoca: il locatore ha la possibilità di revocare l’opzione in ciascun anno contrattuale successivo a quello in cui è stata valida la cedolare secca.  Tempisticamente la revoca deve essere effettuata entro 30 giorni dalla fine dell’annualità precedente e, se dovuta, occorre procedere al pagamento dell’imposta di registro.

Vantaggi della cedolare secca…

Il regime della cedolare secca offre una serie di vantaggi fiscali e amministrativi:

  • semplificazione fiscale: il reddito da locazione non si cumula con gli altri redditi del locatore ai fini IRPEF, facilitando la gestione fiscale complessiva;
  • risparmio su imposte aggiuntive: non sono dovute né l’imposta di registro né l’imposta di bollo, riducendo ulteriormente i costi legati al contratto di locazione;
  • se l’immobile ha più proprietari, ciascuno può decidere autonomamente se aderire alla cedolare secca: senza influenzare la scelta degli altri. Questa opzione si estende anche alle pertinenze dell’abitazione, come garage o cantine, se affittate insieme all’immobile principale.

… e svantaggi

La cedolare secca presenta anche alcuni svantaggi:

  • nessun adeguamento del canone all’inflazione: si rinuncia all’aggiornamento ISTAT relativo all’indice nazionale dei prezzi;
  • perdita delle detrazioni: non versando le imposte tramite Irpef, si rischia di non beneficiare completamente delle detrazioni fiscali previste per i vari bonus a cui si ha diritto;
  • aliquota fissa su canoni bassi: in caso di affitti molto bassi, l’aliquota fissa potrebbe risultare meno vantaggiosa rispetto alla tassazione ordinaria, specialmente per chi ha un reddito complessivo basso e si trova in scaglioni IRPEF inferiori.

Conclusioni

La cedolare secca rappresenta un’opzione estremamente interessante per i proprietari di immobili residenziali, che possono così semplificare la propria gestione fiscale e ridurre i costi associati alla locazione. È importante valutare attentamente i vantaggi rispetto alla rinuncia all’aggiornamento del canone, ma per chi desidera una gestione più lineare e immediata, la cedolare secca può fare la differenza.

Le tipologie di contratto di locazione
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I contratti di affitto: caratteristiche e tipologie

Quando si sceglie di vivere in affitto, è fondamentale prestare attenzione al tipo di contratto stipulato con il locatore. Infatti, ogni tipo di contratto di locazione può rispondere a specifiche esigenze.
In questo articolo esamineremo le principali tipologie di contratti di affitto, analizzandone i vantaggi e gli svantaggi.

Cos’è un contratto di locazione?

Il contratto di locazione permette al proprietario dell’immobile, chiamato locatore, di offrire al locatario l’uso dell’immobile per un periodo determinato, dietro pagamento di un canone mensile.

Questo contratto crea un diritto reale di godimento, obbligando una parte a permettere all’altra l’uso di un bene per un tempo specifico e a fronte di un compenso concordato. Si tratta di un accordo consensuale che deve includere tutte le informazioni relative al patto tra il proprietario e l’inquilino, come i dati delle parti, la data di stipula, la descrizione dell’immobile, il canone mensile e la durata del contratto.

Un aspetto cruciale del contratto è la durata, la quale è stabilita dalla legge con limiti minimi e, a volte, massimi. Le principali differenze tra i vari tipi di contratti di locazione riguardano proprio questo aspetto. 

Le tipologie più comuni di contratti di locazione includono contratti:

  • a canone libero (4+4);
  • a canone concordato (3+2);
  • ad uso transitorio (1 a 18 mesi);
  • per studenti universitari (6 a 36 mesi);
  • ad uso turistico.

Contratto di locazione a canone libero

I contratti di affitto più comuni sono quelli regolati dall’art. 2 comma 1, L. 431/98. Si tratta dei contratti a canone libero, noti anche come “contratti 4+4“. Questo nome deriva dalla possibilità per le parti di stabilire liberamente l’importo del canone di locazione, ma con una durata vincolata dalla legge: quattro anni iniziali, rinnovabili automaticamente per altri quattro anni, salvo disdetta.

Alla fine dei primi quattro anni, anche il locatore potrebbe scegliere di non rinnovare il contratto. In tal caso, deve notificare la disdetta, solo per specifici motivi previsti dalla L. 431/98, almeno sei mesi prima della scadenza. Tali motivi possono essere, ad esempio:

  • il proprietario intende destinare l’immobile a uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale per sé, il coniuge, i genitori, i figli o i parenti entro il secondo grado, o in assenza di una legittima successione nel contratto;
  • il conduttore non utilizza l’immobile in modo continuativo senza giustificato motivo. 

Contratto di locazione concordato a canone convenzionato

In Italia, il contratto di locazione a canone concordato è una tipologia di accordo di affitto in cui il canone è stabilito secondo tabelle specifiche concordate a livello locale. Questo contratto, regolamentato dall’art. 2, comma 3, L. 431/98, ha specifiche caratteristiche che lo distinguono dal contratto di locazione a canone libero.

La durata minima di un contratto a canone concordato è di 3 anni, con un rinnovo per ulteriori 2 anni.

A differenza del contratto a canone libero, il canone è predeterminato da accordi locali tra le associazioni di proprietari, sindacati degli inquilini e Comune in cui è ubicato l’immobile. Questo significa che le parti non possono stabilire liberamente il canone. Gli accordi territoriali stabiliscono l’importo del canone basandosi su specifici parametri come la posizione dell’immobile, la sua metratura e le sue finiture.

Devono inoltre rispettare uno specifico modello previsto dal decreto ministeriale. Dopo i tre anni è possibile rinnovare il contratto e modificarne alcune parti.

Contratto di locazione concordato a uso transitorio

Il contratto di locazione transitorio è destinato a esigenze temporanee non turistiche.  Esso viene stipulato in base alle condizioni stabilite dal Decreto Ministeriale del 16 gennaio 2017 e regolato dall’art. 5, comma 1, L. 431/1998.

Il locatore, che detiene un diritto reale sull’immobile, lo concede in locazione per un periodo limitato a seguito di sue comprovate e documentate necessità lavorative. Durante questo periodo egli concede il godimento dell’immobile al conduttore in cambio di un corrispettivo periodico. Inoltre, come nel caso del contratto di locazione 4+4, il canone viene stabilito liberamente tra locatore e locatario.

Il contratto transitorio si discosta dalle forme standard dei contratti di locazione, essendo applicabile solo in caso di particolari esigenze del locatore o dell’inquilino che richiedono la transitorietà del contratto per comprovate e documentate necessità lavorative del conduttore, che potrebbe dover trasferirsi per periodi limitati di tempo.

Tale contratto ha una durata che può variare da un minimo di 1 mese a un massimo di 18 mesi e non è automaticamente rinnovabile. La sua estensione fino a 18 mesi deve essere giustificata da esigenze specifiche e documentate, nonché dichiarate nel contratto dal conduttore o dal locatore:

  • mobilità lavorativa;
  • esigenze di studio;
  • apprendistato;
  • formazione professionale;
  • ricerca di soluzioni occupazionali.

Contratto di locazione concordato per studenti universitari

I contratti di locazione per studenti universitari sono appositamente ideati per rispondere alle necessità abitative degli studenti durante il loro percorso di studi. Questi contratti presentano caratteristiche specifiche per rendere l’affitto più accessibile e conveniente per gli studenti, in base ad accordi locali.

In base all’art. 5 L. 431/98 e dell’art. 5, commi 2 e 3, del Decreto Ministeriale del 30/12/2002 il contratto di locazione per studenti universitari è considerato: “un contratto in cui il locatore (proprietario dell’immobile) mette temporaneamente a disposizione di uno o più studenti universitari fuori sede (in qualità di conduttori) un immobile a destinazione abitativa o una parte di esso. L’immobile deve trovarsi nel Comune in cui ha sede l’Università (o in un Comune limitrofo), a fronte del pagamento di un corrispettivo determinato secondo quanto previsto da appositi accordi territoriali.“.

Inoltre, il decreto prevede che: “nei comuni sede di università o di corsi universitari distaccati e di specializzazione, nonché nei comuni limitrofi, e qualora il conduttore sia iscritto a un corso di laurea, perfezionamento o specializzazione in un comune diverso da quello di residenza, possono essere stipulati contratti per studenti universitari di durata da 6 mesi a 3 anni (rinnovabili alla prima scadenza, salvo disdetta del conduttore). Tali contratti possono essere sottoscritti dal singolo studente, da gruppi di studenti universitari o dalle aziende per il diritto allo studio universitario.“.

La stipula di un contratto di locazione per studenti universitari può avvenire solo se si soddisfano entrambe le seguenti condizioni:

  • lo studente deve avere la residenza anagrafica in un Comune diverso da quello in cui frequenta l’Università. Questa condizione deve essere chiaramente specificata in una clausola del contratto, poiché l’unica motivazione che giustifica lo spostamento deve essere legata agli studi universitari;
  • il Comune in cui si trova l’immobile locato deve essere quello in cui ha sede l’Università, o in un Comune limitrofo. Alternativamente, può essere il Comune in cui si tengono corsi universitari distaccati.

Tale contratto deve essere redatto esclusivamente utilizzando un modello specifico predisposto dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Ogni contratto di durata superiore a 30 giorni deve essere redatto per iscritto, pena nullità, e registrato presso un ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate entro i termini previsti.

Contratto di locazione uso turistico

Il contratto di locazione ad uso turistico in Italia è progettato per soddisfare le necessità di alloggio temporaneo di turisti e viaggiatori.

Questo tipo di contratto, conosciuto come locazione breve turistica, rappresenta una forma di affitto transitorio in cui la durata e l’importo del canone sono decisi liberamente dalle parti coinvolte. Il Decreto Legge n. 50 del 2017 specifica le caratteristiche di questi contratti. In particolare, il comma 1 dell’art. 4 del suddetto decreto definisce le “locazioni brevi turistiche” come “i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni. Inclusi quelli che offrono servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali. Stipulati da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, direttamente o tramite soggetti che svolgono attività di intermediazione immobiliare, anche attraverso la gestione di portali online.

Diversamente dai contratti di locazione tradizionali, quelli per uso turistico non sono regolati dalla legge n. 431/1998, ma possono essere soggetti a normative locali specifiche, soprattutto in città turistiche di grande affluenza. In mancanza di regolamentazioni locali, si fa riferimento al Codice Civile.

La cauzione richiesta può variare e dipende dal locatore, il quale può richiederla per coprire eventuali danni o spese aggiuntive.

Conclusione

Contratto di locazione a canone liberoContratto di concordato a canone convenzionatoContratto di locazione concordato a uso transitorioContratto di locazione concordato per studenti universitariContratto di locazione uso turistico
NORMATIVAArt. 2, comma 1, L. 431/98 e c.c.Accordi territoriali in base all’art. 2, comma 3, L. 431/1998Art. 5, comma 1, L. 431/1998, Art. 5, commi 2 e 3, L. 431/98 e leggi localiNormative locali specifiche
DURATA4 anni, rinnovabile automaticamente per ulteriori 4 anni3+2 anniDa 1 a 18 mesiDa 6 mesi a 3 anniGeneralmente inferiore ai 30 giorni
RINNOVOAutomatico salvo disdetta con preavvisoAutomatico per ulteriori 2 anni dopo i primi 3Non rinnovabile automaticamente
CANONEDeterminato liberamente tra locatore e locatarioInferiore al libero mercato, stabilito in base a tabelle concordatarieDeterminato liberamente tra locatore e locatarioInferiore rispetto al mercato, in base a accordi localiDeterminato liberamente tra locatore e locatario
CAUZIONE2-3 mensilità del canone di locazione2-3 mensilità del canone di locazione1-3 mensilità del canone di locazione1-2 mensilità del canone di locazioneVariabile, a discrezione del locatore
REGISTRAZIONEObbligatoria entro 30 giorni dalla firmaObbligatoria entro 30 giorni dalla firmaObbligatoria entro 30 giorni dalla firmaObbligatoria entro 30 giorni dalla firmaNon obbligatoria per durata inferiore ai 30 giorni